Omelia del Giovedì Santo Messa in Coena Domini

Fratelli e Sorelle carissimi, nella notte in cui Gesù fu tradito, ci ricordano gli evangelisti, egli nel cenacolo, ove era convenuto insieme a tutto il gruppo degli apostoli stava celebrando la Pasqua, come facevano e fanno tutti gli israeliti. Ad un certo momento della cena Gesù prende un pezzo di pane azzimo (senza sale e lievitazione) e dice agli apostoli lì in religioso ascolto e in piena disponibilità a quanto il Maestro pronuncia: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Così fece dubito dopo con il calice del vino, dicendo le parole che ben conosciamo: Questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Gesù va oltre il momento celebrativo di quella speciale cena pasquale che sta celebrando con i suoi. Aggiunge un comando molto chiaro ed esplicito: fate questo in memoria di me. San Paolo Apostolo che non era tra il gruppo, commentando l’istituzione dell’eucaristia nella notte della cena pasquale in quel cenacolo che rappresenta la chiesa e l’umanità per tutti i secoli, dice: ogni volta mangiamo del corpo del Signore e beviamo del sangue del Signore, noi annunciamo la sua morte, nell’attesa della sua resurrezione. Mangiare il corpo di Cristo, bere il suo sangue. Sì, esattamente il grande mistero dell’Eucaristia è il mistero dell’amore, del dono, della condivisione. Certo i cristiani non sono né cannibali, né altre specie di esseri umani che si alimentano del sangue delle persone e tantomeno del sangue fisico del Cristo. Quel corpo donato e sangue versato di Gesù, una volta e per sempre è stato offerto sulla croce per la redenzione dell’umanità. Noi partecipiamo a questo grande mistero del dono attraverso i segni sacramentali del pane e del vino che, come ci insegna la chiesa, la dottrina cattolica, nel momento della consacrazione si trasformano in Corpo e Sangue di Gesù, ovvero cambiamo di sostanza, pur rimanendo nella forma, e configurazione del pane e del vino, fatto di farina, acqua ed uva. L’Eucaristia memoriale perpetuo della Morte e Risurrezione di Cristo è un cambiamento di sostanza. E qui c’è tutto il nucleo portante della celebrazione del Giovedì Santo, nella messa in Coena Domini, che in tutte le chiese del mondo si svolge oggi. Questo giorno ci ricorda infatti l’istituzione di due importanti sacramenti della chiesa: l’eucaristia e il sacerdozio. Due sacramenti strettamente legati l’uno e l’altra, senza i quali non c’è la chiesa e la chiesa non può essere tale senza Eucaristia e sacerdozio. Come ben sappiamo è la festa dei sacerdoti, perché oggi ricordano la loro consacrazione alla missione nella Chiesa in nome di Cristo, Sommo ed eterno sacerdote. Oggi rinnovano le loro promesse fatte a Dio nel giorno in cui hanno detto sì al Signore per seguirlo nella via del totale amore verso di Lui, verso la Chiesa e verso l’umanità. È il giorno in cui i cristiani sono chiamati a pregare incessantemente per i sacerdoti, perché il Signore continui a dare abbondanti e generosi uomini, santi, retti e coraggiosi, alla sua chiesa per servire la causa del Vangelo, dei poveri, della giustizia e della verità. È singolare che durante la messa in Coena Domini la liturgia abbia inserito nella celebrazione la lavanda dei piedi, a conferma dello stretto rapporto tra Eucaristia e servizio, Eucaristia e carità. Il pastore deve essere l’uomo della carità, del servizio umile e disinteressato, che sappia guidare con la testimonianza della sua vita il popolo santo di Dio sui sentieri della gioia e della fraternità. L’essenza di questa giornata è tutto qui. L’eucaristia è vita, è comunione, è missione è condivisione del Corpo di Cristo pe la salvezza dell’umanità. Quello che ha fatto Gesù dobbiamo farlo anche noi. Dobbiamo servire e non essere serviti, dobbiamo donare la vita e non togliere la vita, dobbiamo versare il sangue e non far versare il sangue, dobbiamo patire noi e non far soffrire gli altri, dobbiamo crocifiggere noi stessi e non crocifiggere gli altri, dobbiamo sapere accettare i tradimenti e sapere anche perdonare, dobbiamo, in poche parole cingerci i fianchi con la veste dell’amore e della carità, quella che è l’unica a farci comprende il grande mistero del Santissimo Sacramento dell’Altare, che è Sacramento dell’amore e della carità. Non sia la nostra quotidiana, settimanale, occasionale partecipazione all’eucaristia un modo per condividere solo superficialmente l’amore di Cristo e dei fratelli. Non ci mettiamo dalla parte di coloro che come Giuda, in quella notte di vita e di luce, vive l’esperienza della notte e della morte e della perdizione eterna. L’eucaristia, la comunione con Gesù apre il cuore alla misericordia e al perdono, alla luce vera che dona serenità e pace ai cuori afflitti da tanti mali di oggi e di sempre. La nostra preghiera in questo giorno sia per tutti i sacerdoti, vivi e defunti, che hanno servito fino all’ultimo istante della loro vita, nella totale fedeltà al dono della vocazione ricevuta, Cristo, la Chiesa e l’umanità. Ma a pregare siano in primo luogo gli stessi sacerdoti che nella preghiera autentica, sentita e approfondita devono quotidianamente rinsaldare la loro vocazione ad essere servi per amore, per la salvezza del mondo intero.

Laudetur Iesus Christe. Semper Laudetur

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